Cara Epilessia, ti racconto

Storie di Epilessia

Cara Epilessia, ti racconto

Cara Epilessia, ti racconto

LA MIA PRIMA CRISI
Ho avuto la mia prima crisi quando avevo 11 anni. Ero a scuola, prima media. Ho sentito gli occhi che si giravano alla mia sinistra e un forte dolore alla testa. Non è durata molto, ma quegli attimi per me sono stati immensi. La professoressa pensò che avessi avuto un calo di zuccheri, motivo per cui mi diedero un bicchiere di acqua e zucchero. Che schifo!
Quel singolo episodio accadde nuovamente il giorno dopo e quello dopo ancora…sempre a scuola e sempre quel maledetto bicchiere…
Finché non successe a casa, davanti agli occhi di mia mamma. Altro che calo di zuccheri! Quella era una crisi epilettica.

LA DIAGNOSI
L’epilessia sopraggiunse in concomitanza alla celiachia che, a causa della sua diagnosi tardiva, ha provocato la formazione di calcificazioni pareto-temporo occipitali bilaterali non operabili. Un’epilessia farmacoresistente, i cui farmaci servono solo a tenermi in vita. La chiamano “Sindrome di Gobbi”, ma per me è solo un verme che si insinua nelle cellule del mio corpo, pronto ad uscire al momento più inaspettato e a causare solo danni.
Ai tempi ero troppo piccola per capire la serietà della situazione, ma una cosa è certa: la diagnosi di epilessia l’ho affrontata accanto a mia mamma, l’unica persona che mi è sempre stata accanto senza mai lasciarmi, senza mai tradirmi, al contrario di tanti “amici” che sono scappati.

LA VITA QUOTIDIANA
Vita? Quale vita? Alzarsi la mattina, studiare da casa, lavorare da casa e prepararsi per la notte. Questa è vita? L’epilessia mi ha messo catene a braccia e gambe, ha chiuso la cella, pronta a riaprirla quando decide di farmi visita. Una cella affacciata sulla quotidianità, in cui mi mostra come persone anche più giovani di me se ne costruiscano una, mentre io rimango ferma, senza potermi muovere.
L’epilessia ha portato la paura nelle mie giornate: da quando apro gli occhi la mattina a quando li chiudo la sera prima di dormire. Come un uragano si è avventata nella mia vita, portando panico, confusione, incertezze.
Avevo due alternative: arrendermi e lasciarmi morire in quella cella, oppure alzarmi e incominciare a vivere.
Come un fiume in piena che la sabbia non può arrestare, come l’erba che germoglia senza far rumore, come un albero che affonda le radici nella terra, poco alla volta, ho scelto di trarre frutto dai risultati ottenuti negli anni, con l’unico sostegno ricevuto da parte di mia madre, che ha dato acqua a quell’albero e cibo ai pesci di quel mare, senza mai fermarsi, anche se in quel mare lo squalo era pronto ad attacare.
È vero. Non sono mancate le ferite, le lacrime, le difficoltà, ma neanche i momenti felici e di gioia. Anche il percorso accademico è concluso ed ora ho un lavoro di cui vado fiera, dove dimostro ogni giorno quanto è forte quell’albero e quanto impetuoso sia quel mare.
Cara epilessia, HO VINTO IO.

SOGNI E SPERANZE
Per quanto questo mostro mi renda la vita impossibile e per quanto sia difficile credere che, un giorno, mi risveglierò da questo incubo, la speranza del trovare una soluzione definitiva non mi abbandonerà mai. Spesso mi sento dire di rassegnarmi, ma non ci si può rassegnare ad un’esistenza del genere…
Vivo con l’idea di non arrendersi mai perché, quando pensi che sia tutto finito, è il momento in cui tutto ha inizio.

MOMENTI DI FORZA
Sono una donna forte, perché una donna forte mi ha cresciuta e per quanto l’epilessia abbia portato tante fragilità, solitudine, difficoltà nella vita sociale, negli studi, non è riuscita ad avere la meglio. Una guerra fredda che dura da decenni, che non verrà dichiarata finita finché la terapia non controllerà definitivamente le crisi, ma che continuerà finché non le mie forze non mi abbandoneranno.
Ho adottato una sorta di PIRR – Piano Individuale di Ripresa e Resilienza – ma che di goals ne ha solo 2: mia mamma ed il mio lavoro.

IL SOSTEGNO DELLA COMUNITÀ
Quale sostegno? Quale comunità? La gente non vuole responsabilità, non sa neanche cosa sia l’epilessia. Bisognerebbe spiegare con metafore cosa sia l’epilessia perché, se uno non la vive in prima persona, non può capire.
La gente non vuole ostacoli nella propria vita. Non vuole problemi e avere rapporti con una persona che ha l’epilessia, perché diventa un problema, soprattutto se non sai come affrontarlo e gestirlo.
La comunità, tutti, nessuno escluso, ha sostenuto con le pacche sulla spalla, con messaggi di rassegnazione. Tutto il sostegno è rimasto in casa mia con mia mamma e basta.

MESSAGGI DI CONSAPEVOLEZZA
L’epilessia è un diavolo, che sussurra all’orecchio di arrendervi, di gettare la spugna. Non ascoltatela. Voi siete più forti di lei, anche se non è facile, perché è uno squalo pronto a cibarsi di tutti i pesci del vostro mare. Proteggete il vostro mare. Le radici del vostro albero sono più salde e l’erba del vostro prato è più rigogliosa. Fatelo soprattutto per voi, ma anche per le persone che vi amano, che vi sono vicine e che hanno deciso di tendervi la mano e di darvi un pezzo del loro cuore. Senza abbandonarvi.

Un piccolo raggio di sole per non perdere la speranza in un futuro migliore.
La Mony 
❤️

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Fiepilessie
gae.pignatelli@gmail.com