Crisi e pregiudizio:

L’impatto sociale dell’epilessia

Crisi e pregiudizio:

L’impatto sociale dell’epilessia

Considerare la persona nel suo complesso e la patologia nella sua complessità

L’epilessia è una delle malattie neurologiche più gravi che colpisce le persone ad ogni età e indipendentemente dal sesso, con picchi di incidenza nelle fasce più fragili, quali i bambini e gli anziani.

Le persone con epilessia in Italia sono circa 500.000 e almeno 125.000 di queste presentano forme resistenti alla terapia farmacologica, spesso associate a gravi disabilità fisiche e cognitive. Ogni anno in Italia vengono diagnosticati 33,1 nuovi casi per 100.000 abitanti, ossia un totale di 29.500-32.500 nuovi casi per anno.

Nell’immaginario collettivo, la malattia è spesso associata alle crisi convulsive, e vi è una generale inesperienza sul fatto che si possa manifestare in molti altri modi diversi, ad esempio con

  • crisi miotoniche (piccoli movimenti a scatti involontari degli arti)
  • crisi atoniche (perdita improvvisa del tono posturale con possibili cadute a terra)
  • crisi di assenza (interruzioni momentanee dello stato di coscienza)

Questa mancanza di conoscenza porta spesso a ritardi nella diagnosi e nella cura.

Ma l’epilessia va ben oltre le crisi: è una malattia dal forte impatto sociale, che colpisce non solo le persone che ne sono affette ma anche la famiglia e, indirettamente tutta la società.

 

Costi economici

Dal punto di vista dell’impatto socio-economico, poiché il picco delle morti premature legate alla malattia – superiore di tre volte al rischio della popolazione generale – si registra prima dei 50 anni di età, l’epilessia causa notevoli perdite in termini di anni di vita produttiva persa.

Inoltre, l’associazione ad altre condizioni patologiche concomitanti (asma, emicrania e tumori cerebrali nei giovani adulti, ictus, demenza e patologie cardiovascolari negli anziani) aggrava l’impatto della malattia a livello di rischio di mortalità e di oneri per i servizi assitenziali e riabilitativi, sia per il sistema sanitario nazionale sia per le famiglie. Non esiste, ad oggi, nessuna struttura che si occupi della presa in carico globale delle persone con epilessia e in molti casi sono le famiglie a scegliere e a mettere in atto percorsi riabilitativi per i loro cari, a proprie spese, perdendo giornate di lavoro o in molti casi abbandonando del tutto l’impiego

I costi dell’epilessia, diretti e indiretti, variano a seconda della gravità della malattia, dell’età e della presenza di disabilità concomitanti. Per esempio nei bambini con forme gravi, l’assistenza a casa e a scuola e le terapie riabilitative rappresentano voci di costo ingenti. Ad oggi mancano dati certi sull’entità dei costi indiretti che si ritiene rappresentino la quota maggiore di spesa per l’epilessia.

 

Impatto sociale

L’epilessia ha anche un forte impatto sugli aspetti psicologici e sociali.

La mancata consapevolezza e gli atteggiamenti pregiudicanti della società nei confronti delle persone con epilessia contribuiscono ad aggravare il peso della malattia: un’indagine condotta nel 2010 in Italia, ha rilevato che il 56,1% delle persone ritiene che l’epilessia sia una malattia psicologica o psichiatrica, il 36,5% una forma di pazzia e il 4,1% addirittura una forma di possesso demoniaco.

L’epilessia non è una malattia mentale, ma neurologica.

Le persone con epilessia, purtroppo, spesso subiscono discriminazione sociale, vivono una condizione di isolamento sociale, e vanno incontro a limitate opportunità di impiego.

Inoltre la stessa terapia farmacologica può diventare un fattore fortemente discriminatorio sul luogo di lavoro e soprattutto a scuola, quando la posologia prevede una somministrazione in orario scolatisto. Tutte queste difficoltà legate all’ignoranza e causate da una legislazione inadeguata, concorrono ad aggravare la condizione di vita delle persone con epilessia con un impatto talora peggiore della malattia stessa.

Nonostante l’ampio ventaglio di aspetti della vita che l’epilessia condiziona, gli sforzi per la gestione della malattia sono ancora tutti indirizzati al solo controllo delle crisi.

 

Non solo cura, ma qualità della vita

In letteratura è stato ampiamente sottolineato come lo scopo del trattamento dell’epilessia non sia necessariamente l’eradicazione delle crisi, quanto piuttosto il raggiungimento di un miglioramento della qualità della vita, che comprende bisogni fondamentali, come l’accesso a beni e servizi, e superiori, quali la realizzazione sociale e lavorativa.

Una definizione che è oggi generalmente accettata vede la qualità della vita nell’epilessia [come] “…una percezione dell’individuo circa l’impatto della propria condizione e del suo trattamento. Essa riflette la discrepanza tra il reale stato di salute della persona e lo stato di salute fisico e psicologico desiderato, il livello di indipendenza e le relazioni sociali”.

Come riportato anche da alcuni autori (Dodrill e Batzel,1997), un ampio consenso sul concetto di qualità della vita nell’epilessia identifica tre diverse aree: salute fisica, salute psicologica e salute sociale.

Quindi, insieme alla gravità delle crisi e agli eventi avversi associati al trattamento, vanno necessariamente considerati i disturbi delle capacità cognitive e quelli psichiatrici ed emotivi come depressione, paura del pubblico, perdita del controllo e dell’autostima, così come gli aspetti di relazione con le persone interne ed esterne al nucleo familiare, la capacità di rapportarsi in modo soddisfacente e appropriato, lo stato occupazionale, l’indipendenza economica.

In questa ottica, che tiene conto della persona nel suo complesso e della patologia nella sua complessità, si può ben comprendere come sia estremamante necessario andare oltre la sola risoluzione delle crisi e come sia utile un approccio multidisciplinare nel trattamento di questa malattia.

 

Manca una tutela legislativa

Ad oggi in Italia non esiste una legge che tuteli in modo definitivo i diritti delle persone che soffrono di epilessia.

Ad esempio, per i bambini con epilessia non esiste una norma che garantisca la possibilità di somministrare i farmaci in orario scolastico (sia quelli per le crisi sia quelli da assumere in cronico). Non sono pochi i bambini e i ragazzi italiani che non possono frequentare la scuola insieme ai loro pari per effetto di questa carenza legislativa.

È anche per questo che l’epilessia è spesso associata a un forte impatto emotivo negativo tanto sulle persone che ne sono affette quanto sui loro caregiver. I genitori di bambini con epilessia grave e anche meno grave, spesso vivono in condizioni di continua apprensione per i loro figli e gli studi scientifici rilevano problematiche complesse a loro carico come stress, isolamento sociale, demotivazione, depressione, difficoltà coniugali, perdita del lavoro.

A sua volta, la mancanza di conoscenze e informazioni su come gestire le crisi epilettiche determina un eccessivo e, nella maggior parte dei casi, inutile ricorso al pronto intervento e al pronto soccorso. Tutto ciò non fa che aumentare lo stress a carico dei bambini e delle famiglie e i costi di gestione della malattia.

Bibliografia:

  • Berto, Qualità della vita nei pazienti epilettici e impatto dei trattamenti, PharmacoEconomicsItalian Research Articles 5 (2): 95-117, 2003
  • Mecarelli et al., Epilepsy and Behavior 18 (2010) 110–115
Fiepilessie
gae.pignatelli@gmail.com