Epilessia: facciamo chiarezza

Aglaia Vignoli

Epilessia: facciamo chiarezza

Epilessia: facciamo chiarezza

Cos’è l’epilessia? Da cosa origina? Quali sono le cause scatenanti di una crisi?

Sono tante le domande che ci vengono poste sia da chi scopre di avere questa patologia, sia da chi ci convive da tempo e desidera essere aggiornato.

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Aglaia Vignoli, neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Ospedale Niguarda di Milano.

Con lei abbiamo anche discusso di temi centrali come la ricerca scientifica, le forme farmacoresistenti, l’impatto sulla qualità della vita dei pazienti, i segnali precursori delle crisi e le raccomandazioni su come comportarsi di fronte ad una persona colpita da crisi epilettica.

L’intervista è un prezioso contributo per comprendere meglio questa malattia, spesso poco conosciuta o vittima di falsi miti. Leggetela e condividete per contribuire ad una maggiore consapevolezza!

✍︎ Ci può spiegare brevemente in cosa consiste questa malattia? Quali sono le cause scatenanti?

L’epilessia è dovuta ad una predisposizione del cervello a generare crisi epilettiche, ovvero scariche elettriche eccessive ed improvvise che partono da specifiche aree della corteccia cerebrale. Le cause possono essere molteplici. In alcuni casi c’è una chiara base genetica ereditaria, con alterazioni di geni coinvolti nel controllo dell’eccitabilità neuronale. In questi casi, la malattia spesso esordisce già in età infantile. In altri casi invece possono intervenire fattori acquisiti, come traumi cranici, ictus, tumori cerebrali, infezioni o malformazioni vascolari. Anche la presenza di auto-anticorpi diretti contro particolari strutture cerebrali può scatenare crisi epilettiche.

 

✍︎ Qual è attualmente lo stato dell’arte della ricerca scientifica sull’epilessia? Sono in corso studi promettenti?

Negli ultimi 10-15 anni la ricerca ha fatto passi da gigante, soprattutto nell’ambito della diagnostica. Grazie alle nuove tecnologie di neuro-imaging come la risonanza magnetica funzionale, oggi riusciamo a definire con molta più precisione la sede d’origine delle crisi in ogni specifico paziente, riducendo di molto la percentuale di casi definiti in passato “criptogenici”, cioè senza una causa nota. Anche le tecniche di sequenziamento genico ci stanno aiutando a comprendere meglio i complessi meccanismi genetici alla base di molte forme di epilessia. Il passo successivo, a cui gli scienziati stanno già lavorando, sarà quello di sviluppare terapie davvero “di precisione”, personalizzate in base al tipo specifico di epilessia riscontrato in ogni individuo. Siamo ancora agli inizi, ma la strada è tracciata.

 

✍︎ Nonostante i progressi diagnostici, sembra però che ci sia ancora circa un 30% di pazienti farmaco-resistenti. Perché è così difficile trattare proprio queste forme di epilessia?

Sì, purtroppo la percentuale di farmaco-resistenza è rimasta pressoché stabile. Questo perché si tratta soprattutto di epilessie focali, originate cioè da specifiche regioni cerebrali danneggiate, spesso a causa di lesioni o cicatrici. In questi casi è più difficile per i farmaci anti-epilettici classici agire in modo realmente selettivo sul focus epilettogeno. Nonostante i nuovi farmaci abbiamo meno effetti collaterali e migliorino la qualità di vita, il controllo vero e proprio delle crisi rimane una sfida. È su questo che si stanno concentrando gli sforzi dei ricercatori, provando a mettere a punto terapie di precisione, personalizzate sul meccanismo patogenetico di ogni forma di epilessia. Ma i tempi non sono brevi. Per una piccola percentuale di pazienti selezionati, la soluzione può essere chirurgica, asportando il tessuto cerebrale da cui originano le crisi, ma si tratta di casi molto specifici.

 

✍︎ Qual è quindi, secondo la sua esperienza, l’impatto reale che l’epilessia ha sulla qualità della vita e sulla sfera psicologica di chi ne è affetto?

L’impatto sulla qualità della vita può variare molto, dipendendo dal tipo di crisi, dalla loro frequenza e durata. Chi è soffre di crisi invalidanti come le assenze o le crisi tonico-cloniche generalizzate ha ovviamente una qualità di vita più compromessa. Ma anche coloro che hanno crisi focali meno evidenti subiscono limitazioni rilevanti: pensiamo solo al non poter guidare o svolgere alcuni lavori. Inoltre l’imprevedibilità delle crisi, anche se meno spettacolari, genera comunque ansia, isolamento sociale, problemi relazionali e lavorativi. Sono molto frequenti anche problematiche psichiatriche come depressione, disturbi d’ansia, del sonno, deficit di attenzione e memoria. Per questo è importante un approccio complessivo, non solo farmacologico ma anche di supporto psicologico e riabilitativo.

 

✍︎ A proposito dell’imprevedibilità delle crisi, esistono dei segnali precursori o prodromici che possano aiutare il paziente ad avvertirne l’imminenza?

Purtroppo nelle crisi generalizzate, come le assenze o le crisi tonico-cloniche, l’esordio è completamente imprevedibile e improvviso. Nelle forme focali invece, parte dei pazienti riferisce di avvertire dei sintomi-spia, detti prodromici, che precedono l’inizio vero e proprio della crisi. Possono essere sensazioni soggettive di malessere, nausea, vertigini, disturbi dell’olfatto, formicolii in una parte del corpo, o anche disturbi visivi, uditivi o della percezione del tempo. Purtroppo, il passaggio dalla fase prodromica a quella della crisi è molto rapido. Tuttavia, riuscire a riconoscere queste avvisaglie può permettere al paziente di mettersi in sicurezza o avvertire i presenti.

 

✍︎ Cosa consiglia a chi si trova ad assistere ad una crisi? Quando è davvero necessario chiamare il 118?

Fondamentale è mantenere la calma ed evitare che il paziente si ferisca, accompagnandolo delicatamente a terra se in piedi e mettendo qualcosa di morbido sotto la testa. Non bisogna assolutamente cercare di bloccarlo o inserirgli qualcosa in bocca. È importante controllare la durata della crisi: se supera i 5 minuti, o se le crisi si ripetono a distanza ravvicinata senza un pieno recupero, è opportuno chiamare il 118. Stessa cosa se durante la crisi si sono verificati traumi o nel caso si tratti della prima crisi in assoluto. Se invece è un paziente epilettico noto, che ha crisi brevi già viste in passato, spesso l’accesso in Pronto Soccorso non è necessario. Dopo la crisi va messo in posizione laterale di sicurezza e rassicurato al risveglio.

Fiepilessie
gae.pignatelli@gmail.com