Leonardo, 19 anni e l’epilessia

Leonardo Polliano

Leonardo, 19 anni e l’epilessia

Leonardo, 19 anni e l’epilessia:

una storia straordinaria di consapevolezza e determinazione

Leonardo Polliano ha scoperto di avere l’epilessia pochi anni fa. Ha 19 anni, frequenta il liceo scientifico e il suo percorso fino ad oggi è stato tutt’altro che semplice, ma affrontato con grande forza d’animo grazie al sostegno incondizionato della famiglia. Le difficoltà a scuola, soprattutto con i professori che non riuscivano ad adattarsi alla sua condizione, lo hanno costretto a cambiare istituto. I farmaci lo stanno aiutando a contenere le crisi ma, sebbene l’affetto degli amici e della famiglia non sia mai mancato, la paura di rimanere soli, a causa dell’epilessia, è sempre presente. E a 19 anni non si dovrebbe aver paura di rimanere soli.

✍︎ Leonardo, come hai scoperto di avere l’epilessia?

Ho scoperto di avere l’epilessia in modo piuttosto inusuale. I miei genitori si sono accorti che qualcosa non andava quando ero in prima media, ma io ho ricordi che risalgono già alla quinta elementare. All’epoca, mi capitava di avere dei déjà-vu, di sentirmi come se stessi rivivendo momenti già visti, e mi bloccavo per qualche secondo, poi tutto tornava alla normalità. Ricordo una volta in quinta elementare, un amico mi chiese se stessi bene e io gli risposi che ogni tanto mi bloccavo senza sapere perché. Crescendo, questi episodi di blocco cominciarono ad aumentare in durata. Un giorno, mentre ero a casa, ne ebbi uno abbastanza evidente che i miei genitori notarono.

 

✍︎ Cosa ricordi della prima crisi?

Non ricordo di essere caduto, perché le crisi tendono a cancellare i miei ricordi immediati, dato che l’epilessia sembra concentrarsi negli emisferi del mio cervello legati alla memoria a breve termine.
Ricordo però cosa è avvenuto subito dopo. I miei genitori mi chiesero se stessi bene e cosa fosse successo, e io dissi che era normale per me, che ogni tanto mi bloccavo vedendo scene già vissute. Preoccupati, ci recammo immediatamente al pronto soccorso, dove ricordo di aver avuto un’altra crisi mentre aspettavamo di essere chiamati. Mio padre cercava di capire meglio cosa mi stesse succedendo e, mentre mi giravo per parlargli, iniziò la crisi. Ero confuso e agitato: vedevo cosa stava succedendo intorno a me, ma non avevo il controllo della situazione.

 

✍︎ Ad oggi che tipo di crisi hai?

Durano al massimo un minuto, ma è quello che succede dopo a durare di più. Ad esempio, una delle conseguenze che sperimento è che non riesco più ad aprire la bocca o parlare subito dopo la crisi. Riesco a percepire l’ambiente circostante e a ragionare o riflettere, ma anche se penso a una risposta, non riesco a muovere la bocca o la lingua. Questa situazione post-crisi dura circa mezz’ora, dopodiché tutto torna alla normalità, come se nulla fosse accaduto.
Per quanto riguarda il tipo di epilessia che mi è stato diagnosticato, ricordo che è fotosensibile. Non ricordo molti altri dettagli, ma so che durante le visite mediche hanno scoperto esattamente dove si localizza nel mio cervello. L’unico dettaglio specifico che ricordo è proprio la sensibilità alla luce.

 

✍︎ Come stai trattando la tua epilessia?

Non è stata proposta la chirurgia come opzione perché, sebbene tecnicamente possibile, nel mio caso comporterebbe una perdita completa della memoria, staccandomi dalla mia realtà quotidiana. La mia epilessia è descritta dai medici come particolarmente profonda e, benché abbiano utilizzato elettrodi durante le crisi, non sono riusciti a localizzare esattamente il punto di origine.
Per ora, l’unico trattamento che seguo è la farmacoterapia, grazie alla quale la frequenza delle crisi è decisamente diminuita, verificandosi circa una volta al mese. Un cambiamento significativo è che ora le crisi si verificano principalmente di notte, mentre dormo. Spesso mi sveglio trovando i miei genitori accanto a me, preoccupati, chiedendomi se sto bene. Non so esattamente cosa succeda durante queste crisi notturne; non ricordo di urlare o di fare rumori che possano svegliarli. L’unica cosa di cui sono consapevole è che a volte penso di sognare di avere una crisi, ma poi mi sveglio e realizzo che non era un sogno: ho effettivamente avuto una crisi, e il mio cervello ha integrato quella sensazione nel sogno.

 

✍︎ E come sta andando con i farmaci?

Ho iniziato a prendere farmaci antiepilettici quando ero in terza media. All’inizio, assumevo il Frisium e il Tegretol, che sembravano essere i più efficaci nel controllare le crisi. Tuttavia, ho dovuto smettere di prendere il Frisium perché mi causava una forte sonnolenza; mi sentivo costantemente stanco e faticavo a rimanere sveglio. Attualmente, il mio trattamento si basa sul Tegretol, la cui dose è stata progressivamente aumentata fino a 200 mg per pasto. Inoltre, ho a disposizione il Buccolam, una siringa portatile da usare in caso di crisi molto intense. Non posso auto-somministrarmelo, quindi è gestito dai miei genitori o dagli insegnanti. Prima di iniziare il trattamento, le mie crisi non avevano una frequenza regolare, ma si verificavano sicuramente ogni settimana. I farmaci mi hanno aiutato, ma non completamente.

 

✍︎ Ora stai seguendo anche un altro trattamento?

Sì, l’ultimo farmaco che mi hanno prescritto è il cenobamato. Sembra che stia dimostrando di essere molto efficace, soprattutto per chi, come me, è farmaco-resistente. Purtroppo, il 30% delle persone con epilessia non riesce a controllare completamente le crisi e io rientro in questa categoria. Con il cenobamato sembra che le crisi siano diminuite, ma pare che le conseguenze siano aumentate: ci sono giorni in cui ho forti mal di testa e provo quello che definisco “sensazioni”, simili a quelle che sperimento durante una crisi, ma molto ridotte e di breve durata, come se il farmaco avesse ridotto l’intensità degli attacchi. Non perdo il controllo, al massimo soffro di mal di testa. Sì, mi sento un po’ male, ma non perdo il controllo. La scuola è diventata un po’ più difficile a causa di questa mia condizione, ma almeno le crisi sono meno frequenti e intense grazie alla medicazione.

 

✍︎ A proposito, come va a scuola?

Ci sono giorni in cui sto male, in cui mi viene mal di testa perché lo stress sembra stimolare la mia epilessia. Una cosa che mi stressa molto, almeno per me, è la matematica. Non mi piace, mi stressa davvero tanto pensare a tutti i calcoli che devo fare; poi mi confondo e, se è sbagliato, devo ricominciare. La matematica è un po’ un grilletto per l’epilessia, la principale causa delle mie crisi. Anche l’ansia per le verifiche può essere un trigger: prima di assumere questi farmaci, se avessi avuto una verifica, la notte prima mi sarebbe venuta una crisi. Ora, con le medicine, le crisi sono più controllate. L’ansia scatena più mal di testa e molte sensazioni, ma riesco a fare la verifica, vado a scuola e la affronto.

 

✍︎ Come va con i compagni e i professori?

I professori hanno avuto difficoltà a causa delle mie numerose assenze dovute a questi problemi. Di conseguenza, diventa più complicato per loro darmi voti, salto molte verifiche e interrogazioni e non sono presente alle lezioni; quindi, ci sono stati alcuni problemi generali. Poi, dal terzo anno di liceo, ho iniziato ad avere un problema più specifico con una professoressa in particolare…di matematica! Per darti un esempio, l’anno scorso avevo una professoressa di matematica che sembrava quasi avercela con me. Ho una difficoltà di memoria e, in teoria, il mio PDP – il Piano Didattico Personalizzato – mi autorizza a portare schemi per le interrogazioni e le verifiche. Durante un’interrogazione di matematica, sono riuscito a ripetere tutto e a spiegarlo anche bene, ma la professoressa mi ha dato un cinque, dicendomi che era troppo simile al libro e che, per i miei problemi, non andava bene. Però, la matematica è così, come faccio a cambiarla? Non capisco la giustificazione che mi ha dato.

 

✍︎ Sei sempre in quel liceo?

No, dalla metà dell’anno scorso ho cambiato scuola e ora sono in un istituto privato dove i professori sembrano capirmi meglio. Nell’altra scuola – pubblica- non volevano accettare il mio PDP e non ho mai capito perché. In questo documento era scritto che potevo portare schemi alle interrogazioni e alle verifiche, e che potevo fare più assenze del normale a causa delle crisi epilettiche, che sono imprevedibili. In questa nuova scuola
c’è più comprensione, ricevo più sostegno, i professori sono molto più vicini e si preoccupano molto di più. Sembrano quasi comportarsi come amici. Quindi, sì, mi sento più contento, sostenuto e compreso.

 

✍︎ E quanto è importante questo per te?

Beh, il fatto di essere capito e supportato conta molto per me e per la mia condizione.
Infatti, le mie più grandi paure sono essere rifiutato e rimanere da solo. Qualcuno si è allontanato, qualcuno si è spaventato perché, sai, l’epilessia un po’ spaventa, purtroppo, perché è poco conosciuta. E io sono un ragazzo piuttosto chiuso. Per questo non vado a sbandierare le cose che potrebbero allontanare le persone. Quindi, l’epilessia, di cui parlo in maniera riservata, la tengo per me, a meno che non ci sia proprio una persona di cui mi fido e a cui tengo molto. In quel caso, sì, gliela racconto. Con gli amici, diciamo che non va male, però ho un po’ di difficoltà ad avvicinarmi alle persone per farle diventare amiche e propormi come amico. Le uscite quasi mai le propongo io, quindi se non le propongono loro, non le faccio. Non è perché ho paura che durante l’uscita ci possa essere una crisi, ma perché temo il rifiuto. Che poi in realtà non è mai successo, è proprio una mia paura.

 

✍︎ Come ti ha supportato la tua famiglia?

I miei genitori sono molto presenti e attenti. Ho una sorella minore e un fratello maggiore che è più un fratellastro perché abbiamo un padre diverso. Non lo vedo molto e questo mi dispiace. Lui sa della mia condizione e ci sentiamo, anche se vorrei che fosse più presente nella mia vita. Magari un giorno potremmo fare un viaggio insieme, sarebbe bello.
La relazione con la mia sorella minore, che ha tre anni meno di me, è tipica dell’adolescenza, piena di scontri. Provo a darle affetto e cerco di aiutarla quando noto che potrebbe averne bisogno. Lei sembra avere affetto per me e ogni tanto lo dimostra, ma non spesso.

 

✍︎ Credi potrebbe essere dovuto al fatto che i tuoi genitori hanno dato molte attenzioni a te, per la tua condizione, e meno a lei? Capita spesso

Ho pensato che potrebbe essere una possibilità, vedendo come i nostri genitori sono molto concentrati su di me rispetto a lei, che non ha questa condizione e sembra voler essere autonoma. Ogni volta che le chiedo se ha bisogno di una mano, la risposta è no, oppure mi ignora. Sì, sono dinamiche delicate e bisogna sapersi mettere nei panni degli altri. Poi la vita ti insegna tanto da questo punto di vista.

 

Prima di salutarci Leonardo si ferma: “Scusa, devo scrivere una cosa. Sta arrivando una crisi, lo sento”. Non è una crisi di assenza, ma quel malessere di cui ci ha parlato e che ormai Leonardo riconosce subito. Prende un quaderno e annota l’ora. “Con mio padre teniamo un diario in cui annotiamo tutte le crisi che mi vengono e a che ora mi vengono, per verificare come procede la malattia e gli effetti dei farmaci, e poi lo facciamo vedere al neurologo”.

Consapevolezza, determinazione, un po’ di timidezza tipica della sua età e un’insicurezza dovuta a una condizione imprevedibile, ma che grazie ai farmaci, al sostegno della famiglia e a una scuola davvero presente, Leonardo sta imparando a gestire ed accettare.

Una lezione di vita straordinaria da una persona così giovane.

Testimonianze che invitano a non arrendersi. A credere nella ricerca. E nelle persone.

Fiepilessie
gae.pignatelli@gmail.com